Sostenibilità, Bankitalia modello virtuoso: aumenta gli investimenti green

Anche nel 2022 la Banca d’Italia ha continuato a rendere più sostenibili gli investimenti del proprio portafoglio finanziario, del portafoglio delle riserve valutarie e del Fondo pensione complementare dei dipendenti di Bankitalia per un valore complessivo di 169 miliardi di euro alla fine dello scorso anno.
Come emerge dal “Rapporto sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici sul 2022”, una sorta di bussola che indica la direzione presa da Palazzo Koch in merito ai rischi di sostenibilità presenti nei portafogli non di politica monetaria, “l’evoluzione degli indicatori conferma i risultati positivi degli ultimi anni”.
Questo rapporto si ispira alle raccomandazioni della Task Force per la diffusione di informazioni finanziarie collegate ai rischi climatici (Task Force on Climate-related Financial Disclosures, TCFD) e alla guida per la divulgazione di informazioni sui rischi climatici del Network for Greening the Financial System (NGFS).
Rispettati gli impegni assunti da Bankitalia
In continuità con il precedente, il report del 2022 risponde a due degli impegni presi dalla Banca d’Italia nel 2021 con la pubblicazione della Carta degli investimenti sostenibili:
- fornire con regolarità informazioni sui risultati ottenuti e sulle metodologie applicate per integrare i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nell’allocazione degli investimenti e nella gestione dei rischi;
- contribuire alla diffusione di una cultura della finanza sostenibile nel sistema creditizio e finanziario italiano e tra i cittadini.
Con il “Rapporto sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici sul 2022”, Bankitalia dà anche attuazione all’impegno assunto insieme alle banche centrali dell’Eurosistema per la “diffusione periodica di informazioni relative ai rischi climatici per i portafogli non di politica monetaria”. Questa iniziativa ha richiesto “un’intensa collaborazione tra le banche centrali per individuare fonti di dati comuni e per definire una metodologia di rendicontazione condivisa”.
Una fotografia dettagliata degli indicatori
Gli indicatori analizzati nel Rapporto sono inerenti sia ai rischi climatici che agli altri rischi di sostenibilità. Per il portafoglio finanziario, il maggiore per dimensione (ossia 134 miliardi di euro alla fine del 2022), “l’evoluzione degli indicatori conferma i risultati positivi degli ultimi anni”.
A proposito dell’indicatore dell’intensità carbonica media ponderata del portafoglio azionario diretto, esso è più basso del 32% rispetto all’indice di mercato preso come riferimento ed è sceso del 36% nel confronto con la fine del 2020, a fronte di un calo del 16% per l’indice di riferimento.
Relativamente invece alle obbligazioni societarie, la diminuzione nel biennio è stata del 16%, con il dato del 2022 che è inferiore del 18% rispetto all’indice di riferimento. Mentre per i titoli di Stato, la quota di obbligazioni “verdi” nel portafoglio finanziario è cresciuta in un anno dallo 0,7% al 2,8%. Anche gli indicatori del portafoglio del Fondo pensione complementare pongono in luce “un miglioramento degli indicatori climatici per le azioni e le obbligazioni societarie”.
Dati ESG superiori agli indici di riferimento
Per quanto riguarda le altre dimensioni della sostenibilità, i portafogli azionari e delle obbligazioni societarie mostrano “punteggi ESG aggregati superiori agli indici di riferimento”. Alcuni dati, come per esempio quello della diversità di genere negli organi di amministrazione, sono migliori dell’indice per tutti i portafogli presi in esame. Un’analisi dettagliata degli altri dati ESG, come quelli relativi ai consumi di risorse e quelli concernenti il benessere lavorativo, evidenziano che “gli sforzi compiuti per rendere più sostenibili i portafogli azionari diretti hanno dato nel tempo i loro frutti”.
Accordo di Parigi e neutralità climatica UE
Guardando al futuro, Bankitalia è impegnata a “gestire le proprie attività di investimento in coerenza con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e con quelli di neutralità climatica al 2050 dell’Unione europea”. Per raggiungere questi traguardi, “l’Istituto è impegnato a rivedere periodicamente le strategie di investimento per assicurare, nel rispetto del proprio mandato, che il percorso di decarbonizzazione contribuisca al perseguimento di questi obiettivi. Il loro effettivo conseguimento, tuttavia, è condizionato al rispetto degli impegni di neutralità climatica dichiarati dalle imprese e dai governi degli Stati in cui la Banca investe”.
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Metodologia per il calcolo degli indicatori ESG
Utile per le banche e le società finanziarie impegnate nella rendicontazione delle ESG è l’Appendice allegata al “Rapporto sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici sul 2022” di Bankitalia, nella quale sono contenute una nota metodologica sul calcolo degli indicatori e le tavole con i dati di dettaglio.
In particolare risulta interessante osservare che i tre indicatori climatici principali concordati con la Banca centrale europea e con le altre banche centrali nazionali dell’Eurosistema, il cui utilizzo è raccomandato dalla Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) e dalla Partnership for Carbon Accounting Financials (PCAF), sono:
- l’intensità carbonica media ponderata (weighted average carbon intensity, WACI) che misura l’esposizione del portafoglio a emittenti con livelli elevati di emissioni di gas serra rispetto al volume di attività;
- le emissioni carboniche totali o emissioni finanziate, che rappresentano l’ammontare di emissioni di gas serra che possono essere attribuite a un dato portafoglio. Come raccomandato dalla PCAF, l’attribuzione è realizzata ponderando le emissioni di gas serra di ciascuna impresa per la quota che l’investitore detiene del suo valore, dato dalla somma (meglio nota come enterprise value including cash, EVIC) del capitale, del debito emesso e della liquidità;
- l’impronta carbonica misura le emissioni di gas serra totali del portafoglio normalizzate per il valore di mercato del portafoglio stesso.
La Banca d’Italia, inoltre, utilizza due ulteriori indicatori basati sui dati storici:
- l’intensità carbonica, che misura l’efficienza media delle imprese in portafoglio in termini di emissioni di gas serra e che si distingue dalla WACI per il metodo di attribuzione dell’intensità carbonica degli emittenti;
- la quota percentuale di obbligazioni verdi in portafoglio;
Gli indicatori per i portafogli di titoli di Stato sono calcolati in tre versioni, in relazione a tre diverse metodologie di misurazione delle emissioni di un Paese:
- le emissioni legate alla produzione, ossia le emissioni generate all’interno del Paese per produrre i beni e i servizi destinati sia al consumo interno sia alle esportazioni;
- le emissioni legate ai consumi, vale a dire le emissioni generate all’interno del Paese per soddisfare la domanda nazionale e quelle generate dai prodotti importati, escludendo le emissioni interne connesse con le esportazioni; tali emissioni, essendo basate sui consumi, sono normalizzate per la popolazione;
- le emissioni governative, ossia le emissioni dirette e indirette da parte del governo centrale di un Paese normalizzate per il valore monetario dei consumi della pubblica amministrazione.
I sei indicatori climatici prospettici
Oltre agli indicatori basati sulle emissioni storiche, Bankitalia nel suo Rapporto ha tenuto conto anche di sei indicatori climatici prospettici:
- l’aumento implicito della temperatura, che esprime l’incremento della temperatura globale in gradi Celsius (°C);
- il Climate Value-at-Risk (Climate VaR) da rischio di transizione, che misura la variazione percentuale del valore di un’impresa in relazione al valore attuale dei costi che, entro fine secolo, potrebbero derivare da: (a) i rischi connessi con il cambiamento delle politiche climatiche; (b) le opportunità tecnologiche legate alla transizione a un’economia a basse emissioni;
- il Climate Value-at-Risk (Climate VaR) da rischio fisico, che misura la variazione percentuale del valore di un’impresa in relazione al valore attuale dei costi che, su un orizzonte di 100 anni, potrebbero derivare dai danni che si verificherebbero da eventi climatici avversi, acuti e cronici;
- gli impegni di decarbonizzazione delle imprese, riassunti dal peso in portafoglio delle aziende che hanno assunto un impegno con la Science Based Target initiative (SBTi) per definire un piano di decarbonizzazione;
- il punteggio sul rischio fisico dei Paesi, che valuta i titoli di Stato con un punteggio di rischio crescente da zero a 100, ottenuto prendendo a riferimento diverse fonti di rischio fisico (per esempio, alluvioni, siccità, innalzamento del livello dei mari) e misure socioeconomiche;
- le stime sulle emissioni di gas serra a breve termine sono stime annuali delle emissioni delle imprese basate sulle emissioni storiche e sugli impegni dichiarati per gli anni a venire nei piani di transizione.
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