Bail-in bancario: che cos’è e tutto quello che c’è da sapere

Che cos’è il bail-in
Il bail-in (letteralmente il “salvataggio dall’interno”) è un meccanismo legale introdotto dalla direttiva 2014/59 dell’Unione Europea (la cosiddetta Direttiva BRRD) per il risanamento e la risoluzione della crisi di una banca o di una società d’investimento.
L’istituto giuridico del bail-in impone la partecipazione degli investitori/risparmiatori – qualora possessori di determinate attività finanziarie emesse dalla banca stessa – alle perdite patrimoniali da questa subite.
Per evitare che, in caso di dissesto o di rischio di dissesto di una banca (per esempio, l’incapacità della stessa di rispettare i requisiti patrimoniali minimi previsti dalla normativa di settore), il salvataggio sia effettuato con l’impiego di fondi pubblici, il meccanismo di bail-in impone agli azionisti e ai creditori della banca stessa di contribuire al suo salvataggio secondo una precisa gerarchia di coinvolgimento, la quale potrebbe implicare la perdita parziale o totale del proprio investimento.
Brevi cenni storici
La prima proposta di salvataggio interno delle banche in dissesto finanziario è stata avanzata da Paul Calello e Wilson Ervin, rispettivamente ex presidente dell’Investment Banking e vice presidente del Credit Suisse. Entrambi firmarono un articolo a quattro mani pubblicato il 28 gennaio 2010 su “The Economist” dal titolo “From bail-out to bail-in”.
In sintesi, sulle pagine del prestigioso settimanale economico, Calello e Ervin sostenevano che, nelle crisi finanziarie del 2008, i funzionari si erano trovati di fronte a un bivio: optare per un salvataggio esterno (bail-out), a spese sostanzialmente di tutti i contribuenti, o per un collasso finanziario sistemico. C’era però una terza opzione sul tavolo: procedere con un meccanismo di salvataggio interno (il bail-in, appunto) che avrebbe consentito alle autorità preposte di imporre alle banche in crisi la ricapitalizzazione dall’interno, sfruttando il capitale privato e non quello pubblico. Questo processo avrebbe garantito, inoltre, i servizi essenziali degli istituti di credito durante il periodo di ristrutturazione.
Fino a quel momento, infatti, in caso di rischio di fallimento di istituti bancari si prediligeva l’utilizzo del bail-out, che si caratterizzava per l’intervento dello Stato che finanziava le banche per scongiurarne il fallimento. Secondo Calello ed Ervin, invece, la procedura di bail-in era cruciale per prevenire altri disastri finanziari come quello che ha travolto nel 2008 la Lehman Brothers, considerato il più grande crac della storia degli Stati Uniti, una delle più importanti società finanziarie di sempre che fu costretta a dichiarare bancarotta dopo 160 anni di attività, avendo accumulato debiti bancari per una somma pari a 613 miliardi di dollari.
Una definizione di bail-in
Il bail-in è un termine inglese che significa “salvataggio interno”: è stato introdotto nell’ordinamento italiano nell’ambito del recepimento della direttiva europea BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive), per il quale tutti gli istituti bancari devono risultare compliant a tale normativa.
Questa normativa è in vigore in Italia dal 1° gennaio 2016 con la direttiva 2014/59/UE la quale prevede che, in caso di crisi bancaria imminente e in assenza di soluzioni alternative di natura privata, le competenti autorità (nel nostro Paese questa facoltà è esclusivamente appannaggio della Banca d’Italia) possano attivare misure allo scopo di:
- sostenere la continuità delle prestazioni di servizi economici essenziali forniti dalla banca all’economia;
- ridurre al minimo l’intervento finanziario pubblico, in maniera tale che il “buco” finanziario della banca non pesi sulle casse dello Stato e, di conseguenza, sulle tasche dei cittadini.
C’è da osservare inoltre che, per raggiungere questi due obiettivi, la Banca d’Italia può quindi disporre che gli azionisti e gli obbligazionisti della banca in stato di dissesto finanziario imminente siano chiamati a contribuire per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in misura adeguata. Ma queste ultime due operazioni non saranno mai in misura superiore alle perdite che dovrebbero sopportare in caso di liquidazione della stessa banca applicando le procedure ordinarie.
Per tutti i dettagli concernenti le nuove regole europee sulle crisi bancarie in vigore in Italia dal 1° gennaio 2016 è possibile consultare la guida realizzata dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana), che è stata realizzata con la collaborazione di 12 associazioni dei consumatori, con la Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio e con la Federazione delle banche, delle assicurazioni e della finanza.
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Quando si ricorre al bail-in
Il bail-in scatta quando una banca è a rischio di dissesto finanziario. La procedura di salvataggio interno è avviata nel momento in cui l’istituto di credito non può essere salvato con misure alternative in quanto risulterebbero insufficienti. Lo scopo dell’operazione è triplice:
- evitare la liquidazione della banca;
- difendere la stabilità finanziaria del sistema;
- tutelare gli interessi pubblici.
Con questo meccanismo di salvataggio interno della banca di fatto si attiva una procedura che porta alla soluzione della crisi finanziaria. Come? Tramite la svalutazione dei titoli (crediti e azioni) o la loro conversione in titoli azionari per coprire e riassorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà.
Come funziona il bail-in
Il meccanismo alla base del bail-in prevede che si segua una gerarchia ben definita. La sua logica potrebbe essere così sintetizzata:
- coloro che investono in strumenti finanziari più rischiosi sostengono prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni;
- soltanto dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva.
Come detto, quando un istituto di credito avvia la procedura di bail-in bancario alcuni privati sono coinvolti per sanare, in parte o del tutto, l’insolvenza della banca.
La gerarchia del bail-in segue questo ordine:
1. gli azionisti della banca;
2. i possessori di obbligazioni subordinate, ordinarie non garantite e senza garanzia;
3. i correntisti con depositi oltre i 100.000 euro;
4. il Fondo interbancario di garanzia dei depositi.
A seconda dei casi, il bail-in può comportare la riduzione del valore delle azioni, fino al loro azzeramento, mentre chi possiede dei crediti nei confronti della banca può vederli svalutati oppure convertiti in titoli azionari.
Come anticipato, però, non tutti i creditori sono coinvolti allo stesso modo dal bail-in.
Chi è escluso dal bail-in
Il concetto alla base del bail-in è di proteggere coloro che maggiormente risentirebbero del fallimento di una banca.
Per questo motivo, sono esclusi dal bail-in i conti correnti e i conti deposito pari o inferiori ai 100.000 euro, che siano intestati a famiglie o piccole medie imprese. Questi conti, infatti, sono protetti dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (FITD), uno strumento salvagente per tutelare i risparmi.
Inoltre sono esclusi dal bail-in anche gli investimenti finanziari come:
- obbligazioni garantite (covered bond);
- titoli di Stato (per esempio, i BTP – Buoni del Tesoro poliennali);
- strumenti assicurativi;
- fondi comuni;
- ETF (Exchange-traded fund);
- SICAV (Società di investimento a capitale variabile);
- titoli presenti nel dossier titoli, purché emessi da un istituto non coinvolto nel bail-in;
- cassette di sicurezza.
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