Analisi dei quattro rischi bancari: cosa sono e come gestirli

L’attività bancaria non è mai priva di rischi. Tanto che il rischio è intrinsecamente connaturato alla sua operatività nel corso del tempo. Sulla base della nostra esperienza, maturata in tanti anni di lavoro, confronto e relazioni quotidiane con gli istituti di credito di piccole, medie e grandi dimensioni sono quattro i principali profili di rischio che una banca corre:
- rischio di credito e di controparte;
- rischio operativo;
- rischio di mercato;
- rischio di liquidità.
A causa della loro esposizione a questo ampio ventaglio di rischi, le banche dispongono di robuste infrastrutture per la valutazione del risk assessment e la sua gestione, oltre a essere vincolate al rispetto di norme nazionali, comunitarie e internazionali in materia di compliance, come quelle stabilite, ad esempio, dalla Banca d’Italia, dall’Unione Europea o dal Financial Stability Board (Fsb).
Perché le banche devono fare attenzione ai rischi?
Considerate le grandi dimensioni di alcune banche, la sovraesposizione al rischio può degenerare in fallimenti bancari e avere così un effetto domino su milioni di correntisti.
La capacità di una banca di gestire il rischio impatta anche sulle decisioni degli investitori. Per quanto un istituto finanziario possa generare un alto flusso di entrate, la mancanza di una solida gestione del rischio può comportare un calo dei profitti a causa di perdite sui prestiti. È, quindi, più probabile che i grandi investitori dirottino i propri investimenti verso un istituto bancario in grado di restituire profitti e che riduca al minimo il rischio di perdite economiche.
Di seguito analizziamo nel dettaglio i quattro maggiori rischi a cui le banche possono andare incontro.
Rischio di credito e di controparte
Il rischio di credito e di controparte è il principale rischio per le banche. Si verifica quando i debitori non sono in grado di adempiere agli obblighi contrattuali di pagamento precedentemente assunti.
L’insolvenza può essere legata sia al rimborso del capitale stesso sia al pagamento degli interessi maturati. Alcuni esempi? Mutui, carte di credito e titoli a reddito fisso.
Il mancato rispetto di contratti vincolanti può verificarsi anche in settori come quello dei derivati e delle garanzie fornite all’accensione del prestito stesso.
Sebbene le banche non possano proteggersi al 100% dal rischio di credito, dato che questo è connaturato all’attività di prestito stesso, esse possono però certamente ridurre la loro esposizione in diversi modi.
Dal momento che il deterioramento di un comparto o di un contraente del prestito è spesso difficile da prevedere, le banche possono abbattere la loro esposizione attraverso la diversificazione. Inoltre, per ridurre la loro esposizione al rischio, gli istituti di credito possono prestare denaro a clienti che abbiano alle spalle una storia creditizia solida, effettuare transazioni con controparti affidabili oppure possedere garanzie a sostegno dei prestiti.
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Rischio operativo
Secondo la definizione che ne dà la Banca d’Italia nel suo glossario online, il rischio operativo è il rischio derivante “dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di procedure, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni; rischio di perdite dovute a errori o danni causati da persone, sistemi o processi”. E la scala di gravità può partire da un livello di rischio operativo basso (nel caso di operazioni commerciali semplici come il retail banking e la gestione patrimoniale) per arrivare a livelli di rischio maggiore, nel caso di vendite e trading.
Tra le perdite che si verificano a causa di un errore umano si possono annoverare frodi interne agli istituti stessi o errori commessi durante le transazioni. Un esempio? Un cassiere che dà accidentalmente una banconota extra di 50 euro ad un cliente.
Su scala più ampia, le frodi possono verificarsi violando la sicurezza informatica di una banca. Consente agli hacker di rubare informazioni sui clienti dell’istituto di credito ed eventualmente ricattare la banca stessa per ricevere ingenti somme di denaro. In questo caso, al danno legato alla perdita del capitale si aggiungerebbe, per l’istituto bancario, un danno reputazionale che potrebbe impattare negativamente sulla sua capacità di attrarre capitali in futuro.
Rischio di mercato
Sempre affidandosi alla definizione che dà la Banca d’Italia nel suo glossario dei termini bancari a servizio dei consumatori, il rischio di mercato è il “rischio di subire perdite per effetto di variazioni avverse dei tassi di cambio e dei prezzi delle attività finanziarie”.
Il rischio di mercato, dunque, deriva principalmente dalle attività di una banca nei mercati dei capitali. È legato all’imprevedibilità dei mercati azionari, dei prezzi delle materie prime, dei tassi di interesse e degli spread creditizi.
Con la crisi del mercato energetico ancora in corso, restringiamo per il momento il focus sulle materie prime. Perché i prezzi di queste ultime possono rappresentare un rischio per le banche? Perché una banca può investire in società che producono materie prime. Man mano che il valore della merce cambia, cambiano anche il valore dell’azienda e il valore dell’investimento. Le variazioni dei prezzi delle materie prime sono causate da variazioni della domanda e dell’offerta che sono spesso difficili da prevedere.
Quindi, per ridurre il rischio di mercato, la diversificazione degli investimenti è importante. Altri modi in cui le banche riducono i propri investimenti includono la copertura dei propri investimenti con altri investimenti inversamente correlati.
Rischio di liquidità
Il rischio di liquidità si riferisce alla capacità di una banca di accedere alla liquidità per far fronte agli obblighi di finanziamento. Tra questi, c’è anche quello di consentire ai clienti di prelevare i propri depositi.
Secondo la Banca d’Italia, il rischio di liquidità si manifesta in genere sotto forma di inadempimento ai propri impegni di pagamento, che può essere causato da incapacità di reperire fondi (“funding liquidity risk”) ovvero dalla presenza di limiti allo smobilizzo delle attività (“market liquidity risk”).
Ecco le ragioni che potrebbero portare le banche ad affrontare problemi di liquidità:
- eccessivo affidamento su fondi a breve termine;
- bilancio troppo concentrato su attività illiquide;
- cattiva gestione dei rischi a causa del disallineamento tra attività e passività;
- perdita di fiducia nella banca da parte dei propri correntisti.
Se tutte o la maggior parte delle attività di una banca sono vincolate a prestiti o investimenti a lungo termine, l’istituto di credito stesso potrebbe trovarsi di fronte a una discrepanza nella durata delle attività-passività.
Esistono regolamenti per ridurre i problemi di liquidità; includono l’obbligo per le banche di detenere attività liquide sufficienti per sopravvivere per un periodo di tempo anche senza l’afflusso di fondi esterni.
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